concorso artistico letterario contro la violenza sulle donne
1° classificato sez. scuole
Fiore centrale
Occhio che tutto osservi
Armonia e candore di un cigno
La vita che crei s’apre
A un caloroso abbraccio
Elemento liquido che tutto avvolgi
Albero della vita
Che contieni gli arcani del mondo
Ninfea d’oro tra alba e tramonto
Che si susseguono perenni
Nemmeno con un fiore
Scalfire il tuo mondo.
Il ricettario delle emozioni
percorso di educazione emotiva
Calendario emotivo 2018
a cura della prof.ssa Rosetta Maiorana
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Nunca mas
premio “Giovanni Grillo” 2018
Riflessioni sulla libertà
Se il nostro Dio facesse un miracolo, cosa accadrebbe a noi detenuti?
Si dice che sbagliare è umano ed è umano tutto il percorso che compiamo per riabilitarci, al di là delle colpe e dei giudizi. Quando entriamo in carcere, entriamo in un altro tempo, la percezione stessa della vita cambia totalmente: cerchiamo di impiegare il tempo frequentando la scuola, svolgendo lavoretti artigianali in cella, allenandoci o semplicemente passeggiando al campo sportivo. L’Istituto penitenziario ci dà queste opportunità per riflettere e riparare eventuali errori. In un certo senso siamo isolati dal mondo esterno ma non tagliati fuori dai nostri affetti: telefonate e lettere diventano allora lo spiraglio di luce che di tanto in tanto si avvicina, lasciandoci intravedere la libertà. Nell’oscurità che ci avvolge filtra la luce della vita nei colloqui familiari e per poche ore ci sembra di riacquistarla la tanto desiderata libertà. Che parola soave! Poi, tutto finisce quando avverti i giri di chiave che annunciano il fine colloquio: il cuore ha un sussulto, gli occhi fanno male nel tentativo di trattenere le lacrime, le mani protese dei figli più piccoli che non comprendono l’abbandono nascosto dietro la menzogna: papà deve lavorare ma prima o poi tornerà a casa. La libertà è qualcosa che da uomini liberi non sappiamo apprezzare, così come non sappiamo apprezzare gli affetti se non quando rischiamo di perderli, così come non diamo un prezzo e un valore a ciò in cui crediamo se non quando soffriamo. Allora dico: Ah! Se solo il nostro Dio compisse un miracolo… ma poi mi ravvedo e penso che forse siamo noi tutti, detenuti e non, che dovremmo guardare la vita con altri occhi… liberi, finalmente liberi.
Domenico U.
Inno a Rosetta Sisca
L’Inno “Rosetta Sisca” è stato composto dal M° Salvatore De Paola nel novembre del 2017, in occasione della sua docenza presso l’IPSEOA di Castrovillari (Casa Circondariale). L’idea di comporre un inno è nata dall’intitolazione a Rosetta Sisca della Casa Circondariale, assistente penitenziario operante nel 1989 presso il Carcere “Le Vallette” di Torino, immolata nel salvare diversi detenuti a causa di un incendio. L’eroico gesto compiuto, ha spinto il compositore a scrivere in testo e in musica questo Inno, in memoria di Rosetta Sisca, dedicandolo all’Istituto Penitenziario nonché alla Scuola alberghiera di appartenenza. E’ stato scritto con partitura orchestrale ed il testo rievoca i momenti salienti drammatici avvenuti. Nello specifico, il brano è nella tonalità di Fa min., composto da 46 versi ed include i seguenti strumenti : tromba1 in sib, tromba 2 in sib, fagotto, flauto, violino, viola, violoncello, contrabbasso, piatti, rullante, grancassa, coro. L’Inno è stato diretto dal M° De Paola ed eseguito da alcuni detenuti della Casa Circondariale di Castrovillari in occasione del Natale 2017 (di cui ne forniamo la registrazione) con l’ausilio di programmi computerizzati, non essendo stato possibile un’esecuzione orchestrale, alla presenza in particolare della Direttrice dell’Istituto penitenziario dott.ssa Maria Luisa Mendicino, del Comandante Dott. Carmine Di Giacomo, del Dirigente Scolastico dell’IPSEOA Prof.ssa Franca Anna Damico e del Presidente della Provincia di Cosenza Dott. Francesco Iacucci.
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Un Natale tutto nostro
Una finestra tra le nuvole
Alunni IPSEOA 1° periodo A
A me mi piace…
È un inizio sbagliato
Ma leggere e recitare mi fan sentire in pace
Quando si tratta di scrivere mi sento “impanicato”.
Sono stanco e all’orizzonte tutto tace.
Ora, non passa mai la notte
E nel buio della solitudine dormi
Un pensiero accompagna la mia sorte:
Le aquile non volano a stormi.
Raccogli il giorno e trattalo con cautela
Non lasciare che appassisca già all’alba
La libertà negata il cuore gela
Il sole oggi tramonta in una luce scialba.
Senza il buio non brillerebbe alcuna stella
Perciò vivo la vita con coraggio
E una fievole luce m’illumina la cella
Sfruttando del tramonto il suo ultimo raggio.
Nessun tribunale saprebbe giudicarmi
La giustizia degli uomini non mi tocca
Eppure lo sconforto sembra sovrastarmi
Lasciandomi un sapore amaro in bocca.
Vorrei che il buio come onde del mare
Portasse via tutte le mie paure
La meraviglia di vivere e amare
Ripopolasse le mie notti future.
Nei sogni notturni mi avvolgono gli affetti
Libero, nell’immensità di mondi perfetti
Piccolo ma libero, a disegnare
Una finestra tra le nuvole da cui guardare.
PerBacco!
UDA multidisciplinare
Pasca ’n Calabria
Come è ormai nostra consuetudine, le festività consacrate diventano l’occasione per riflettere insieme su argomenti importanti e per questa Pasqua abbiamo scelto il tema dell’identità e il senso di appartenenza. Abitiamo tutti lo stesso pianeta ma, all’interno, ognuno di noi ha delle radici e sente di appartenere ad un luogo anziché ad un altro. Ovunque si parta, si arriva sempre al paese di origine, se non addirittura al quartiere.
Ad accogliere gli ospiti una scenografia interamente disegnata da un nostro alunno: un paesaggio montano con abeti e corsi d’acqua, incorniciato da veri rami di ulivo.
Ci identifichiamo profondamente con l’ulivo delle Palme, pianta mediterranea, non tanto e non solo come simbolo di pace, quanto piuttosto con la durezza dell’albero che resiste nel tempo, con la robustezza delle sue radici, col calore persistente delle sue braci, con l’amarezza delle foglie, la fragranza del frutto e la ricchezza di profumi dei suoi prodotti. Abbiamo iniziato così e da qui a riflettere sul concetto di identità: siamo mediterranei, italiani, calabresi e campanilisticamente appartenenti ai tanti variegati paesi che costituiscono la nostra Regione, dal Pollino alla Sila all’Aspromonte, “dall’uno all’altro mare”, e sentiamo forte il senso di appartenenza, così come ogni altro popolo verso la propria terra. In un contesto come quello carcerario, dove diverse identità si incontrano e convivono, abbiamo proposto, in un crescendo che voleva essere anche spettacolo, canzoni, poesie dall’italiano al rumeno all’arabo ma anche vernacolari, spaziando dal calabrese al napoletano, oltre al momento teatrale, calabrese doc, dove il tempo ogni tanto sembrava fermarsi per dare spazio ad altre espressioni artistiche. L’intento è stato ancora una volta creare e condividere piccoli eventi culturali in cui e con cui confrontarsi e attraverso i quali esprimersi. Lo spettacolo si è aperto con le splendide voci di Caterina Rubino e Alessia Groccia sulle note di Stardust, un invito ad addentrarsi nel percorso che da lì in poi avremmo compiuto. Tra le poesie proposte, “Un tempo gli alberi avevano occhi” della poetessa rumena Ana Blandiana, letta dai nostri alunni in rumeno e in italiano e associata a un video in time lapse sulla bellezza maestosa e secolare del nostro pino loricato, fino ad arrivare al silenzio di Alda Merini, un silenzio pregno di significato che presuppone l’ascolto anche del non detto, a cui ha fatto seguito la canzone, composta e cantata da Caterina, “Silenzio per favore”, la quale pone una domanda: “Ma se un cuore si spezza, in cerca di una carezza, tu sai dirmi che rumare fa?”, domanda che ribadisce il significato profondo di un silenzio che indaghi le sensazioni più nascoste e più vere; si è conclusa la sezione poetica con Madre Teresa di Calcutta che ci esorta ad andare avanti “… anche quando tutti si aspettano che lasci perdere”, una poesia stampata su pergamena e consegnata ad ogni detenuto presente come dono pasquale. Nel finale della manifestazione, un divertente sketch teatrale scritto dai nostri alunni in calabrese, “Pascuni ara Sila”, che mette in risalto gli aspetti campanilistici dei vari paesi rappresentati attraverso i personaggi, inframezzato da poesie in vernacolo, canti calabresi e napoletani e un accenno di tarantella.
Una riflessione ampia e articolata dunque, che è partita da molto lontano per arrivare a casa nostra, tenendo sempre presente l’uomo con i suoi sentimenti, che lo rendono simile in qualsiasi luogo dell’universo. È l’augurio che per questa Pasqua l’IPSEOA e la Casa Circondariale di Castrovillari con i loro ospiti, operatori e docenti rivolgono a tutti: ritrovare quell’angolo di noi che ci spinge a riconoscerci negli altri, mantenendo salda la nostra identità, nel rispetto di quella altrui.
“Stuzzicando” la curiosità
Laboratorio di manualità a cura di Saverio D.
Donna sa volare
Uno sguardo sul mondo femminile
In-contro
Pensare la libertà
“Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci.”
L’incontro, etimologicamente, indica un movimento verso persone a loro volta dirette verso di noi, movimento reciproco degli uni verso gli altri ed è proprio quello che abbiamo voluto attuare con questo evento, centrato sul superamento di ogni idea precostituita, i cosiddetti preconcetti, che impediscono l’esercizio di una visione critica e consapevole del mondo; permettere ai nostri giovani studenti del “mondo esterno” di incontrare, in carcere, i nostri studenti detenuti, per ascoltare, raccontarsi e semplicemente “incontrarsi”.
Il titolo In-Contro, col trattino in mezzo, vuole mettere in evidenza due direzioni e due spazi: “in” indica l’entrare, il movimento contrario ovviamente è l’uscire, “in” è il dentro e “contro” è il fuori ma, messi insieme, realizzano l’unione per un confronto. Non ci si incontra mai procedendo nella stessa direzione, l’incontro avviene quando si procede da direzioni opposte o comunque diverse.
Se immaginiamo le nostre vite come linee dritte che si muovono verso un punto, siamo davvero soli e senza prospettive, ma in realtà la vita è fatta di variabili, di eventi improvvisi e inaspettati, e quindi la funzione che la rappresenta non sarà mai una linea retta quanto piuttosto una sinusoide, una figura aperta con alti e bassi, un serpentone flessibile per natura, dunque l’incontro è sempre possibile e la linea di confine tra le varie direzioni insondabile. Ragazzi del primo anno dell’Istituto alberghiero, che si affacciano alla vita, si ritrovano, in un percorso di legalità e di inclusione ma innanzitutto umano, di fronte a detenuti che si raccontano e le loro vite diventano parabole. Mettendo gli studenti di fronte a una storia si dimostra loro che il carcere è fatto di persone e nel contempo, offrire ai detenuti la possibilità di raccontare il proprio vissuto e di essere al centro di un interesse condiviso, permette loro di sentirsi parte di un tessuto relazionale e sociale ancora possibile.